Fico bianco del Cilento DOP
AREALE DI PRODUZIONE
La zona di produzione comprende ben 68 comuni, a sud di Salerno, dalle colline litoranee di Agropoli fino al Bussento e in gran parte inclusi nell'area del Parco nazionale del Cilento, Vallo di Diano e Alburni
CARATTERISTICHE DEL PRODOTTO
È impossibile chiudere degnamente un buon pasto in terra cilentana senza gustare i dolcissimi Fichi secchi, simbolo ed eccellenza gastronomica di questa terra. È proprio al prodotto essiccato che è stata riconosciuta la Denominazione di Origine Protetta "Fico Bianco del Cilento", che è lo specifico ecotipo locale della cultivar Dottato, pregiata varietà di fico diffusa in tutto il Mezzogiorno dalla caratteristica buccia di color verde chiaro da cui si dischiude una polpa bianco-rosata dal sapore dolcissimo, decantata già da Catone e Varrone. Insieme agli olivi secolari e alla lussureggiante macchia mediterranea, le piante di fico caratterizzano il paesaggio rurale del Cilento fin dall’epoca della loro introduzione ad opera dei coloni greci, prima del VI secolo a.C. E se la vista delle distese di ficheti non è sufficiente ad inebriare i sensi, lo farà - nella tarda estate - l’odore dolce ed intenso di questi frutti maturi e succosi, dal profumo che ricorda il miele, l’acacia, l’erba fresca.
Prodotto avente caratteristiche uniche e di assoluto pregio, apprezzate in tutto il mondo, il "Fico Bianco del Cilento" DOP deve la sua denominazione al colore giallo chiaro della buccia dei frutti essiccati al sole sulle graticelle di canne, che diventa marroncino per i frutti che abbiano subito un processo di cottura in forno. La polpa è di consistenza tipicamente pastosa, dal gusto molto dolce, di colore giallo ambrato.
Il Fico Bianco, ottimo fresco, come portata di inizio pranzo, abbinato a prosciutto e formaggi sapidi e corposi come il cacioricotta di capra del Cilento, può essere utilizzato nelle pietanze successive, con elaborazioni di alta cucina per primi e secondi. A fine pasto può essere consumato semplice, nella variante essiccata, anticamente considerata ‘pane dei poveri’, fonte preziosa di calorie, presente nelle tasche di pastori e contadini impegnati in lunghe giornate di lavoro nei campi. Nel tempo sono le varianti in pasticceria ad averne accresciuto la notorietà, e a renderlo oggi un prodotto di pregio particolarmente apprezzato soprattutto durante le feste natalizie. Impaccati, spaccati a metà e farciti in maniera tradizionale con gherigli di noce e semi di finocchietto o anche con mandorle e scorza d’arancia o altri agrumi, esclusivamente provenienti dal territorio dell’area di produzione del fico (e - come vuole il disciplinare - a condizione che l’insieme della farcitura non superi il 10% del prodotto finito), al naturale o dorati al forno, sono confezionati in diverse forme (cilindriche, a corona, sferiche, a croce), e fra le preparazioni tradizionali ancora in uso c’è quella dei fichi steccati o incannati, sovrapposti l’uno sull’altro e infilati su due stecche di legno parallele, a costituire la classica ‘jetta’ cilentana, guarnita con foglie d’alloro, o il mostacciolo dalla forma piramidale. Fra le varianti possono essere gustati ricoperti di cioccolato, o in preparazioni sotto spirito, immersi nel rum, nel limoncello o con liquori a base di erbe.
Pregiati, ma sempre più rari per gli alti costi di preparazione, sono i fichi mondi, messi ad essiccare senza buccia, dal colore chiarissimo tendente al bianco puro e dal sapore prelibato. Questa variante della modalità di essiccazione è nata nelle zone ad alta piovosità dove, presentandosi maggiori difficoltà ad essiccare il prodotto in maniera tradizionale, ci si rese conto che sbucciando i fichi il processo poteva essere velocizzato, facilitando - proprio grazie all’assenza della buccia - l’evaporazione della parte liquida del prodotto, in modo che il fico mondato venga ricoperto in brevissimo tempo da una patina zuccherina, che ne esalta l’estrema dolcezza.
Tramandata e preservata fino ai nostri giorni, la tradizione cilentana di produrre e commercializzare fichi secchi è documentata fin dalla metà del 1400: nel Quaterno doganale delle marine del Cilento del 1486 si fa cenno all’esistenza di una fiorente attività produttiva, attraverso la quale i fichi raggiungevano i principali mercati italiani come alimento di pregio. Grande espansione le delizie di fichi hanno registrato nella prima metà del 1900, anche grazie alla operosità delle ‘ficaiole’, le ragazze che raccoglievano i frutti direttamente dalle piante, e delle ‘incollettatrici’, che lavoravano il prodotto dall’essiccazione al confezionamento. Si racconta che, a volte, le operaie inserivano di nascosto nelle confezioni un bigliettino augurale o di saluto con le proprie generalità nella speranza di trovare il principe azzurro, e in qualche occasione il sogno diventava realtà! Pare che l’idea dei bigliettini abbia ispirato la Perugina per i suoi Baci. Così confezionati, in base alla destinazione, i fichi partivano su carri trainati da buoi o da cavalli o erano spediti dal porto e dalla stazione di Agropoli, per raggiungere i mercati di tutto il mondo e partecipare a mostre e fiere dove le aziende di produzione venivano spesso insignite con premi ed onorificenze per la bontà, la qualità e il confezionamento del prodotto.
Fra le curiosità legate a questa prelibata eccellenza, è risaputo che il fisiologo Ancel Keys, padre della Dieta Mediterranea, fosse solito mangiare due/tre fichi secchi prima di andare a dormire.
Fico monnato di Prignano Cilento
AREALE DI PRODUZIONE
Comuni di Prignano Cilento, Ogliastro, Agropoli e Torchiara
CARATTERISTICHE DEL PRODOTTO
Oltre alla Denominazione d’Origine Protetta nella variante essiccata, il Fico Bianco del Cilento è tutelato come Presidio Slow Food nella particolare tecnica di lavorazione del “fico monnato”, praticata in particolare dalle comunità agricole di Prignano Cilento e dei comuni limitrofi. Prodotto di una coltivazione che secondo il disciplinare del Presidio si basi sui principi dell’agricoltura biologica, il Fico, appena raccolto, viene sbucciato - ‘monnato’ in dialetto locale - avendo cura di lasciarlo intero, senza incidere la polpa, e messo ad essiccare su graticci di canne esposti al sole e al vento, dalla mattina fino a poco prima del tramonto. Dopo la prima esposizione che deve avvenire tenendo l'ostiolo verso il basso per consentire l’eventuale fuoriuscita e la completa coagulazione del succo interno, i frutti vengono girati a mano più volte, affinché l’essiccazione sia omogenea. Nel corso dell’intero processo di disidratazione che può durare da 2 a 20 giorni, a seconda della pezzatura del frutto e delle condizioni meteorologiche, durante la notte o nelle giornate di maltempo i fichi ancora sui graticci trovano riparo nelle caratteristiche ‘passolare’, tipiche costruzioni rurali dotate anche di forni per l'essiccamento.
Quando sono essiccati al punto giusto e il loro colore tende al bianco latte, con sfumature color crema chiaro e screziature brune simili al colore del miele di castagno, regalando al palato un aroma intenso e complesso, i fichi monnati sono pronti per la tradizionale lavorazione del ‘capocollo’: talvolta riscaldati per consentirne una ottimale lavorazione, vengono spaccati a metà, aperti, leggermente sovrapposti e ricoperti con mandorle, cannella, bucce di limone o mandarino (a preferenza anche cacao e chiodi di garofano), per poi essere arrotolati in forma di capocollo, che, avvolto in carta da forno, viene infornato a 160° per circa 20 minuti, e infine, confezionato. Tagliato a fettine è un versatile e raffinato dessert da servire con un passito, in accompagnamento a gelati o creme dolci, o nel perfetto abbinamento a diversi formaggi, come il Provolone del Monaco DOP.