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Pasta & Grani Antichi

carosella

Grano Carosella

AREALE DI PRODUZIONE

Pruno di Laurino

CARATTERISTICHE

Immergendosi nel paesaggio rurale del Cilento, ancora si ha la fortuna di poter assistere allo spettacolo delle spighe di grano che ondeggiano al morbido vento d’estate, come un immenso mare dorato. Fra i grani che si possono definire ‘antichi’ si annovera la Carosella, un grano di tradizione remota che si pensa venisse già prodotto in queste zone all'epoca dei Romani, e la cui varietà è stata tramandata nel tempo grazie ai contadini locali che ne hanno preservato e custodito specie e metodi di coltivazione.

Il termine Carusedda, con cui è conosciuta sul territorio, verosimilmente derivato dalla volgarizzazione del termine cariosside, che sta ad indicare il chicco secco di grano ancora rivestito dalle glumelle, ha un'analogia con il dialettale “caruso” che nella tradizione meridionale ha il significato di ragazzo con la testa rasata; infatti la spiga si presenta con le ariste corte sulla parte apicale. La pianta può arrivare anche al metro e mezzo di altezza, e grazie al fenomeno dell’accestimento, dal fusto principale germogliato da un solo seme si originano più fusticini secondari che generano una moltitudine di spighe, gravide di chicchi.

Il grano Carosella ha un utilizzo estremamente versatile. Si può definire un grano tenero per la forma del chicco, piccolo ed allungato di aspetto dorato-aranciato e lucido, pur presentando le caratteristiche del grano duro. La farina ottenuta esprime le sue grandi peculiarità nella realizzazione del pane, della pasta come fusilli e cavatelli, e di freselle e pizze fragranti.

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Grani Ianculidda e Russulidda

AREALE DI PRODUZIONE

Caselle in Pittari

CARATTERISTICHE

Le varietà di grano Ianculidda e Russulidda sono dei cereali autoctoni del Cilento che hanno occupato in passato buona parte dei terreni coltivati, garantendo il sostentamento dei contadini. La varietà di grano ianculidda (bianchina) è caratterizzata da una spiga bianca/giallo paglierino, mentre la russulidda (rossiccia) è caratterizzata da una spiga di colore giallo-rossa.

Le piante sono molto resistenti alle malattie e si adattano facilmente a vari tipi di terreno.

Per le difficoltà legate alla trebbiatura con i nuovi mezzi agricoli, la loro coltivazione è stata abbandonata in buona parte dell’Italia meridionale qualche ventennio fa. Solo grazie ad un anziano contadino, la comunità casellese, in collaborazione con la Pro Loco, ha iniziato a riprodurre le due antiche varietà di grano da poche spighe reperite, preservando il seme. Il lavoro di ricerca e di semina delle diverse cultivar ha dato vita ad una Biblioteca del Grano, che è testimonianza del grande patrimonio cerealicolo ospitato nelle terre cilentane, fra varietà autoctone e altre adattate al territorio.

Le farine ottenute dalla trasformazione della Ianculidda e della Russulidda sono più facilmente digeribili e possono essere impiegate, con ottimi risultati, nella panificazione e nella realizzazione dei dolci tradizionali.

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russulidda

Grano Saragolla

AREALE DI PRODUZIONE

Pruno di Laurino

CARATTERISTICHE

Il grano Saragolla rappresenta una varietà di grano duro importata dall’attuale Bulgaria da tempi lontani, degli scritti testimoniano la presenza sul territorio dal V secolo d.C. La parola Saragolla in effetti è composta dai termini bulgari sarga (=giallo) e golyo (=seme) e significa letteralmente “chicco giallo”. Tale proprietà si presenta, infatti, con il chicco di un intenso colore giallo, brillante e dall’aspetto lungo

A causa della bassa resa la sua coltura è stata sostituita da ibridi più facili da coltivare e il grande lavoro di recupero delle sementi si deve agli agricoltori locali che da oltre vent’anni continuano a custodirne il seme per la coltivazione.

La farina di grano duro che si realizza è adatta sia alla pastificazione che alla panificazione, da cui risultano produzioni che si distinguono per colore e sapore. Il gusto risulta speziato ed intenso e si esalta sia nella preparazione di piatti poveri che nella realizzazione di piatti più elaborati.

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sargolla

Cavatielli

AREALE DI PRODUZIONE

Cilento

CARATTERISTICHE

I Cavatielli - o Cavatieddi, secondo il vernacolo dell’entroterra - sono un tipo di pasta semplice e povera della tradizione culinaria cilentana che si tramanda di generazione in generazione. Sono composti esclusivamente da farina di grano duro, che viene versata a fontanella su una spianatoia e a cui va aggiunta al centro l’acqua tiepida e un pizzico di sale. Dopo averlo lavorato energicamente fino a renderlo omogeneo, con una consistenza morbida ma non troppo, l’impasto va lasciato riposare ricoperto da un panno per circa mezzora, e dunque assottigliato e tagliato fino ad ottenere dei cilindretti (larghi 1 centimetro e lunghi 2-3 cm), che vengono lavorati abilmente con una lieve pressione di indice e medio tale da farli rigirare su stessi, ottenendo cosi la tipica cavatura. I cavatielli sono senza dubbio il piatto della domenica più classico, che la storia fa risalire al tardo medioevo, con le prime testimonianze della loro presenza sulle tavole nel Sud Italia durante l’impero di Federico II di Svevia, che pare ne fosse molto ghiotto e nel suo Liber de Coquina fa cenno ai croseti - antenati degli attuali cavatielli - “rotondi e oblunghi, che vanno calcati con un dito per ottenere forma incavata”. La pasta si arricchisce di sapore grazie ai condimenti più svariati, come il più classico sugo al pomodoro e basilico, o il ragù a base di carne di maiale, cinghiale, salsiccia, cacciagione mista, con una abbondante spolverata di cacio-ricotta grattugiato, ma si esalta eccellentemente anche con sughi a base di verdure o pesce.

[La ricetta del testo federiciano, riferendosi al tipo modellato con i polpastrelli, dice: …eodem modo fiunt croseti, et de eadem pasta, nisi quod sint formati rotundi et oblungi ad quantitatem ninius pollicis; et cum digito sunt concavati (...così si fanno i croseti, e della stessa pasta, eccetto che sono tondi e oblunghi della grandezza di un pollice, e sono incavati col dito). Est tamen sciendum quod, tam in lasanis quam in crosetis, debet poni magna quantitas casei grattati (Si sappia che, tanto nelle lasagne che nei croseti, occorre mettere abbondante formaggio grattugiato)].

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cavatelli

Fusillo di Felitto

AREALE DI PRODUZIONE

Felitto

CARATTERISTICHE

Le origini del Fusillo, secondo una leggenda contadina, sono da attribuirsi ad un assedio avvenuto nel corso del XVI secolo quando gli abitanti di Felitto riuscirono ad asserragliarsi e difendersi per oltre dieci giorni, durante i quali, per riuscire a prolungare la resistenza, venne chiesto alle donne di ricavare una pietanza dai pochi ingredienti rimasti a disposizione.

I Fusilli di Felitto sono in effetti il risultato della lavorazione di uova e farina, da cui si ricavano dei cilindri di pasta lunghi, pressati e avvolti a un sottilissimo ferro quadrato. L’impasto del fusillo di Felitto è preferibilmente a base di semola di grano duro, in genere di varietà Senatore Cappelli e/o Saragolla, una grande quantità di uova, da 6 a 8 per chilogrammo, e un po’ di sale. I fusilli di Felitto ‘autentici’ non prevedono l’aggiunta di acqua: solo una goccia di olio extravergine di oliva per ungere le mani nell’ultima fase dell’impasto. La lavorazione parte dalla disposizione della semola sullo spianatoio, u' scanaturu, a formare la caratteristica fontana cui si aggiungono le uova e il sale. Con le mani si mescolano le uova unendo gradualmente la farina, fino ad arrivare a ottenere un impasto omogeneo. Raggiunta la consistenza voluta, è buona norma far riposare l’impasto per un’ora o due. Portata la pasta a giusta maturazione, se ne staccano delle porzioni che servono per la caratteristica fase della cingolatura: l’abilità delle donne del paese sta nel lavorare molto questo impasto tenace, porzionarlo a occhio, modellarlo e tagliarlo in strisce che vengono cinguliate, ovvero passate nelle mani fino a formare cordoni cilindrici pronti per la lavorazione finale a ferro, u' fierru in dialetto. Il ferro impiegato è in acciaio e molto sottile con sezione quadrata, ed è spesso un millimetro, realizzato abilmente dagli artigiani locali. Il ferro va premuto sui cordoni di impasto fino a penetrare all’interno. Poi, con gesti rapidi, si tira l’impasto fino alla lunghezza di 25-32 cm. Appena sfilati dal ferro, i fusilli sono stesi ad asciugare ed essiccare ben allineati su tovaglie di lino, conservando la forma dritta e il foro centrale. Secondo la tradizione si condiscono con un sugo di castrato e cacioricotta di capra cilentana.

La tradizione viene tramandata da madre in figlia, e ancora oggi quella del fusillo felittese resta una produzione artigianale; il prodotto, infatti, richiede una particolare manualità e la conoscenza del tradizionale metodo di lavorazione di cui le donne di Felitto sono esperte depositarie, tanto è vero che molti ristoratori si approvvigionano della materia prima direttamente dalle signore del posto.

I fusilli artigianali, che rimangono un emblema della cucina locale, vengono serviti per tradizione durante le giornate di festa, conditi con il tipico ragù di castrato, e sono il piatto principe a cui è dedicata l’omonima Sagra locale, che si svolge nel mese di agosto e - con 46 edizioni - è la più longeva della Campania.

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fusilli di felitto

Fusillo di Gioi

AREALE DI PRODUZIONE

Area collinare del Cilento, ed in particolare nei comuni di Gioi, Orria, Salento, Stio, Campora, Magliano Vetere, Monteforte Cilento, Perito, Moio della Civitella

CARATTERISTICHE

Il Fusillo di Gioi, oltre a rievocare la convivialità delle domeniche trascorse in famiglia, è legato ad una leggenda secondo cui gli abitanti di Gioi, impegnati in una battaglia contro i Saraceni nell’anno 1000 circa, mostravano l'impasto di farina e di uova conficcato sulla punta dei fucili attraverso i fori dei muri di cinta, per persuadere l’esercito nemico sull’abbondanza delle derrate alimentari possedute, e dunque sulla capacità della comunità locale di resistere agli attacchi. All’atto di ritrarre i fucili l'impasto si "affusolava" intorno al ferro, assumendo la caratteristica forma tramandata nei tempi.

Ancora oggi la pasta lavorata si "incava" mediante un ferro a quadrello, di spessore maggiore rispetto a quello utilizzato per i fusilli di Felitto, intorno al quale si arrotola il breve cingolo di pasta. Quando il ferro è totalmente ricoperto di pasta, lo si sfila lasciando il vuoto in tutta la lunghezza dell’impasto. Il ferro svolge un ruolo fondamentale nella preparazione poiché consente la formazione di un foro con caratteristiche particolari che consentono al ragù o ai sughi di rimanere aderenti al fusillo sia esternamente che internamente.

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fusillo di Gioi
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